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Tamerisco XVII parte seconda

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XVII

 

Un treno in regalo



Il giorno seguente Adelina venne in biblioteca con un pacco: una scatola azzurra, infiocchettata con un nastro argentato. A me che la interrogavo con uno sguardo muto disse: “E’ per te”.

“Per me?”, “Certamente. Proprio per te, ti sei dimenticato che compi gli anni?”, “Il mio compleanno è tra sei giorni”

“Che importa. Siccome non potrò esserci, ho pensato di festeggiarlo oggi”. Poiché Adelina mi aveva intimato di aprirlo a casa, uscii dalla biblioteca con in mano il pacco, come fanno i medici per le ricorrenze di pasqua e di Natale con in mano le testimonianze della gratitudine dei pazienti..

Mentre scioglievo il nodo complicato del nastro, lei mi aveva raccomandato di non sciuparlo perché poteva servire per un’altra ricorrenza, Adelina preparava il tè in cucina.

“Ce l’hai fatta?” domandava impaziente. Non voleva essere presente per paura che non avessi quell’espressione di felice meraviglia che lei si aspettava alla vista del regalo.

Soltanto quando mi fu vicina col bricco del tè in mano riuscii ad aprire il pacco. Era un trenino di legno laccato in rosa e blu: la locomotiva e tre vagoni passeggeri. Lo presi in mano come fosse una biscia e in verità si divincolava come fosse vivo, lo posai per terra e restammo tutti e due a contemplarlo inginocchiati. 

“Ti piace?” mi diceva “Si, grazie, è veramente simpatico”

“Con lui potrai andare in giro per il mondo, come desideri, lontano da me”

“Andremo in giro per il mondo. Ecco, staremo seduti sull’ultimo vagone”

Nessuno mi aveva fatto più un regalo dall’età di dodici anni e  allora non piansi grazie al mio orgoglio. Era un libro, un’edizione delle mille e una notte per bambini. A me un libro, proprio a me che desideravo con tutto l’ardore di cui è capace il cuore di un bambino una bicicletta col manubrio sportivo e il cambio.

“Grazie, ma dove l’hai trovato?” 

L’aveva trovato al mercatino ecologico che si tiene un giorno alla settimana in una piazzetta del centro storico. La luce del giorno cominciava a languire nel crepuscolo. Rimanemmo abbracciati a lungo sul pavimento.

Ora, se ci penso, trovo qualcosa di dolorosamente profetico in quel trenino di legno che deposi sulla mensola del salotto davanti alla fila dei libri.

Gina, ogni volta che veniva in casa non faceva altro che lodarlo, fin tanto che un giorno le dissi che se non fosse stato un dono glielo avrei regalato.





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